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NON ODIARE

NON ODIARE, due parole, un significato apparentemente semplice di cui tuttavia spesso tendiamo ad ignorare il profondo significato.

Riccardo Noury (Amnesty International Italia)

Grazie al progetto Cinema portatore sano di legalità, abbiamo avuto la possibilità di visionare il film ‘Non Odiare’ e successivamente abbiamo assistito ad un incontro con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.



La pellicola proposta mostra come ad oggi, nonostante i decenni ormai passati, persista l’odio verso individui di religione differente e in particolare verso individui di religione ebraica che ad 80 anni dalla tragica vicenda della Shoah subiscono ancora le pressioni e le violenze di fanatici nazisti.

Motivo di riflessione è stato l’incontro con Riccardo Noury, ambasciatore italiano di Amnesty International. Grazie alle sue parole abbiamo avuto modo di ragionare su quanto ancora attuali siano le problematiche descritte nel film e soprattutto su quelle che ad oggi sono le innumerevoli violazioni dei diritti umani che impediscono al singolo di essere giudicato egualmente davanti alla Legge, di cercare un posto sicuro in cui vivere e di appartenere ad un paese. Quelli sopraccitati sono solo alcuni dei diritti umani che ogni giorno vengono violati, a causa dell’odio verso il prossimo, un odio spregiudicato e privo di alcuna giustificazione.



Ho avuto modo di porre una domanda inerente al caso di Patrick Zaki, studente e attivista egiziano che durante una campagna elettorale in Egitto è stato rapito, picchiato e torturato con scariche elettriche. I capi d'accusa formulati nel mandato d'arresto sono: minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie, propaganda per il terrorismo; accuse false e infondate, così definite da Noury che tuttavia si sono rivelate sufficienti a mantenere Patrick lontano dalla sua famiglia per più di un anno. Lo stesso Noury ad un’intervista all’Ansa ha commentato: “Questo accanimento è sempre più crudele e la strategia dei giudici egiziani è palesemente quella di creare false aspettative: la volta scorsa, un’udienza a ridosso dell’anniversario dell’arresto aveva fatto sperare che 12 mesi di detenzione arbitraria, illegale e senza possibilità di difendersi avrebbero potuto bastare “. Patrick rischia ora fino a 25 anni di carcere per una serie di post pubblicati da un presunto account Facebook che la difesa ritiene falso.




Quello di Patrick è solo uno dei tanti casi di violazione dei diritti umani che ad oggi si susseguono spesso inosservati e che quando raccontati generano scalpore e indignazione. Reazioni che fanno comprendere soprattutto tramite i social il giudizio dell’opinione pubblica; ciò che manca è tuttavia partecipazione attiva a cause come quella di Patrick, se tutti partecipassimo ad appelli, iniziative e petizioni con la stessa impetuosità con cui digitiamo parole di rabbia su Facebook, il cambiamento sarebbe significativo.

Spesso siamo frenati dal prender parte a petizioni e appelli, semplicemente per la pigrizia di inserire le nostre credenziali sui siti che promuovono queste iniziative, non comprendiamo però a pieno, l’aiuto che forniamo alla causa e il cambiamento che può determinare il nostro piccolo contributo.

Invito quindi tutti a riflettere su questi episodi, episodi a noi apparentemente estranei, che sembrano non lederci in alcun modo, ma che tuttavia sono motivo di sofferenza e afflizione per altri.

Mostriamo SOLIDARIETA a chi ne ha bisogno, non dubitiamo del peso che può avere il nostro contributo, perché a violazioni come quelle di Patrick e di molti altri come lui, venga messo definitivamente un punto.

a cura di:

Paolo Totaro

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